Il vitello d'oro


Milano, 14 giugno 2017

Per i bambini, i calciatori di Serie A sono sempre stati gli 'idoli del pallone' che accompagnavano i sogni e i momenti più felici dell’infanzia. Sono almeno vent'anni, però, che questa dimensione adolescenziale si protrae anche nell'età adulta attraverso idoli creati dal denaro: i calciatori di oggi sono i "vitelli d’oro" dati in pasto a un popolo disperato di appassionati orfani del "sogno del calcio". 

Il riferimento biblico è voluto (il vitello d’oro era la statua che, in assenza di Mosè recatosi sul monte Sinai per ricevere i Comandamenti da Dio, Aronne aveva edificato, affinché gli ebrei avessero un’immagine divina da adorare) e, soprattutto, è voluto l’ammonimento verso l’esito di questo infausto e sciagurato tentativo: l’ordine di Mosè di distruggere l’idolo e sterminare gli adoratori di un falso dio.

Fuor di metafora biblica: è assolutamente necessario che qualcuno si svegli e reagisca di fronte alla venale e criminogena aggressione che il calcio sta subendo da parte degli 'addetti ai lavori' che gestiscono i calciatori. Che un ragazzo appena maggiorenne come Donnarumma divenga la pedina inconsapevole di un gioco milionario e immorale, è un fatto che può solo produrre danni al calcio e agli stessi protagonisti che, apparentemente e momentaneamente (si vedano le statistiche statunitensi sul destino tutt'altro che brillante, sul piano esistenziale, che hanno generalmente le milionari star del football e del basket), sembrano essere beneficiari di questo 'mercato'. 

Questa deriva, sul piano economico, non può che distruggere il calcio e portare al fallimento i club. Il Milan ha già 'investito' 100 milioni per il mercato e l’Inter si affretterà a seguire la medesima strada: quando, risultati alla mano, le proprietà cinesi si renderanno conto che questi soldi sono stati semplicemente gettati dalla finestra, non vorrei che la vendetta biblica, in questo caso, facesse prendere a Mosè le sembianze asiatiche.

C’è una piccola ed edificante storia di “calcio minore”, accaduta a Pavia, che insegna come i cinesi nel calcio, esattamente come le formiche di Gino e Michele, a un certo punto si incazzano ...

Alessandro Aleotti

(pubblicato su autorizzazione dell'autore: l'originale qui)

St. Long John da Carrara e la signora Ivanka





















25 maggio 2017, Roma

E pensare che, quando lei è nata (a New York), Giorgione era ancora la star dei New York Cosmos. Quando lei è nata, Giorgione Chinaglia era il giocatore di soccer più famoso della grande metropoli americana. Che poi fosse una fama relativa, si sa.

Lei, Ivanka Trump, era a Roma insieme al padre e al marito due giorni fa. Ha cenato da Sabatino, in Piazza di Sant'Ignazio, famoso ristorante romano. A una parete del locale, una foto incorniciata di Padre Pio, una di papa Francesco, e di lato un crocifisso. In alto, a sovrastare tutto, un quadro che raffigura Giorgio Chinaglia, con la maglia della Lazio: un disegno ripreso da una foto scattata probabilmente verso la fine 1971 (forse il 19 dicembre, in occasione di una gara interna contro il Taranto), quando la Lazio militava in Serie B [vedi].


La signora Trump è incuriosita, la sacralità dell'immagine (il gesto del centravanti, esultante e con lo sguardo rivolto verso il cielo, gli conferisce un atteggiamento estatico) in quel contesto è fuori di dubbio. Domanda: "Che santo è?" Sembra una domanda molto ingenua, tant'è che viene riportata con entusiasmo da tutti i giornali. La figlia dell'uomo più potente del mondo sorpresa in una clamorosa benché innocente gaffe.

Eppure, la cosa è più interessante. Certo, diverte. Ma è un episodio rivelatore. Noi siamo abituati a questo tipo di iconografia e alle leggende (e al culto) dei santi pedatori. Ma, per chi non appartiene alle tribù, sono pratiche che incuriosiscono, nel loro rimandare a un immaginario religioso del tutto tradizionale.

Fonti:
- Ansa
e altre ancora ...

La città e i suoi ricordi




























Sarrilandia, 20 maggio 2017

A lungo sono rimasti, i giocatori, sotto la curva, applauditi dal loro popolo e dai soliti canti, nel tipico clima di festa che (in tempi lontani) caratterizzava l'ultima partita interna di ogni squadra. C'era sempre quella 'pacifica invasione di campo', oggi proibita. Ieri sera, sotto la curva, è rimasto a lungo il Napoli, al termine di un match dominato contro la Fiorentina, dopo l'ennesimo spettacolo di gran calcio offerto in questa stagione. Stagione che conclude senza titoli. Senza titoli? Certamente, in nessun albo d'oro il nome del Napoli farà capolino per la stagione 2016-17. Ha anzi peggiorato (manca ancora una partita, ma è difficile che qualcosa cambi) la sua posizione finale nella classifica di Serie A: da secondo a terzo. Ha mancato la finale della Coppa Italia, eliminato nel doppio confronto dalla Juventus. Ha vinto il girone preliminare di Champions League, non senza qualche affanno, ma poi il sorteggio l'ha messo di fronte al Real e sappiamo com'è andata. Dunque: zero tituli, direbbe Mourinho. Lo scudetto (virtuale) del bel gioco è indubbiamente suo: nessuno lo disconosce. Ma la città chiede qualcosa di più, ed espone pubblicamente la propria richiesta.

Sono passati esattamente trent'anni dal primo scudetto. I tifosi sono insaziabili. Vorrebbero vincere, e non dover vivere sempre e solo di ricordi. Sanno di avere una grande squadra, e un allenatore che le ha dato un gioco infinitamente più bello di quello che produceva il Maradonapoli. La differenza, allora, era tutta nei piedi del Diego. Ora può farla Sarri, gran direttore d'orchestra. Lo meriterebbero ampiamente, questa squadra e la sua città. 

Mezzogiorno e mezzo di fuoco






14 maggio 2017, Milano, Arena Suning (già Stadio 'Giuseppe Meazza' in San Siro)

La curva nord (la curva interista) è stata grande protagonista in occasione del match di Serie A tra Inter e Sassuolo, giocato alle 12.30. Ha reso pubblico il suo pensiero mediante il classico e ormai (almeno a Milano, e su entrambe le sponde della tifoseria) sistema della scrittura esposta su striscioni. Messaggi di contestazione, in rima ed articolati, ma anche semplici ed immediati. Che hanno come principali destinatari i giocatori, accusati di scarso - come si suol dire - attaccamento alla maglia, e dunque responsabili di una stagione fallimentare - la prima stagione intestata a Suning. Uno spettacolo pirotecnico, che si conclude intorno alla metà del primo tempo. E che qui ci limitiamo a documentare.