Va, pensiero, sull'ali dorate


22 febbraio 2015
Parma - Udinese, rinviata sine die [vedi].

Le città non sono degli agglomerati umani e urbanistici ma soprattutto dei sistemi complessi dal delicato metabolismo. La crisi etica delle classi dirigenti e quella economica stanno travolgendo una dopo l'altra le grandi e medie città che hanno fatto la storia del nostro paese. Basterebbe pensare a casi eclatanti, per stare alle cronache recenti, come quelli di Roma, Napoli, Venezia.

I club calcistici sono spesso un tassello importante dell'identità locale. Anch'essi finiscono con l'essere inevitabilmente travolti dal collasso sistemico della città di cui sono patrimonio ideale e di passioni. La crisi di Siena, per esempio, ha inghiottito anche l'A.C. Siena. Adesso assistiamo alla bancarotta - annunciata da anni (come quella di tanti altri club di serie A e B che sono ormai solo dei simulacri) - del Parma F.C., che non ha più in cassa nemmeno gli spiccioli per accendere i riflettori allo stadio. Il fallimento è parte integrante del tracollo della città emiliana, come spiega bene Dario Di Vico in articolo sul "Corriere della sera" [vedi].

Sullo sfondo, non dobbiamo dimenticarlo, si stagliano due scenari epocali: la fine del welfare in Occidente (in breve: le casse vuote degli enti locali nonostante tutti i balzelli che servono la voracità delle caste politiche) e la fine della generazione padronale dei proprietari dei club calcistici italiani (la Roma e l'Inter sono solo i battistrada di quel che sta per accadere a Milan, Napoli, Palermo, Fiorentina, etc.).

Il futuro non appare roseo. Tutt'altro:
Oh mia patria sì bella e perduta!
Oh membranza sì cara e fatal!

L'insostenibile violenza del politicamente corretto


17 febbraio 2015

Arrigo Sacchi è vittima di una vergognosa gogna mediatica e politica, a ventilatore acceso [vedi]. La deriva del perbenismo politicamente corretto, del moralismo un tanto al chilo, del populismo presupponente dei sedicenti ottimati, è ormai una insopportabile tirannide. Quella del pensiero unico ormai incapace di comprendere la realtà complessa di questi anni, quello che è alla base dei tragici errori delle caste intellettuali e politiche occidentali dell'ultimo quarto di secolo.

Eupallog è da sempre, prima ancora della sua nascita, contro ogni forma di discriminazione, di razzismo e di violenza. Per questo esprime la sua piena e vigorosa solidarietà ad Arrigo. Di cui non ha travisato le parole ma semmai colto il senso profondo, che condivide appieno.

Crediamo infatti che vadano distinti almeno tre livelli di discorso: quel che voleva dire Sacchi, come lo ha detto e come è stato recepito. Nel merito il suo richiamo è fondato sulla sua esperienza quadriennale come coordinatore delle nazionali giovanili: Sacchi è uno dei pochi che conosce davvero la situazione, che è gravissima sul versante della "tratta dei giovani" provenienti dai paesi extra UE, affidata a veri e propri "scafisti" sedicenti procuratori; una tratta che rappresenta un affare e una scorciatoia per molti club italiani, che spesso comprano a scatola chiusa senza nemmeno avere visto giocare i ragazzi; altro che "vivai".

Nella forma non ci pare che Arrigo si sia espresso in modo offensivo, tanto meno razzista: nelle stesse ore è stata semmai indecente la dichiarazione del presidente del Palermo, non censurata da nessuno [vedi].

E qui sta il punto della nostra posizione: attaccare Zamparini non rende la visibilità mediatica che vale un attacco a Sacchi. Le vestali del politicamente corretto, ormai sinistramente simili ai "guardiani della rivoluzione", vivono di rendite di posizione: soprattutto, costituiscono ormai, a nostro avviso, una deriva autoritaria delle società politiche occidentali: cercano di imporre un pensiero unico, con attacchi e intimidazioni. Ce ne viene conferma dall'offensiva che il loro squadrismo mediatico ha riservato in queste ultime ore a Carlo Ancelotti, per il quale si è speso il consunto, ma sempre vivo in certi ambienti, epiteto di "fascista" [vedi]. Verrebbe da ridere. Invece siamo molto preoccupati per la libertà di pensiero. Quella di tutti.

Le retrovie ucraine


17 febbraio 2015

Stiamo ormai scivolando - increduli, garruli e impreparati - verso uno stato di  guerra totale, che papa Francesco ha disvelato da tempo con le parole semplici del suo pontificato.

Stasera ricomincia la Champions League in un teatro di guerra: le retrovie ucraine. Lo Shakhtar Donetsk ha abbandonato, a tempo indeterminato e chissà fino a quando, la sua Donbass Arena bombardata, e si è ritirato mille chilometri più a Occidente, alla Arena Lviv, la Leopoli della Galizia asburgica, a pochi passi dal confine polacco. E' l'Europa storica che ribadisce i suoi incerti confini, anche calcistici, in cerca di identità. Non è forse un caso della storia che vi giochino stasera i tedeschi (multinazionali) del Bayern.

Oleksandr Anatolijovyč Zavarov è nato invece nell'Ucraina russa, a due passi dal confine, ammesso che sia ancora tale, con il grande vicino. Sacha è cresciuto nell'Unione Sovietica, e di quella era è stato forse l'ultimo campione, dapprima con la Dinamo Kiev di Valeri Lobanovski e poi, in seguito all'apertura delle frontiere, con la Juventus di quella FIAT che aveva esteso la produzione industriale ad alcune fabbriche d'oltre cortina. Fu una delusione, come sappiamo.

Zavarov, ci dicono le agenzie giornalistiche [vedi], è stato chiamato alle armi dal governo ucraino insieme ad altri 100.000 connazionali di età compresa tra i 25 e i 60 anni: per la guerra contro la Russia, senza tanti giri di parole. 53 anni, sposato e padre di due figli, Zavarov lavora attualmente nello staff della Nazionale ucraina e ha dichiarato pubblicamente che "non combatterò mai il Paese dove vivono la mia famiglia e i miei figli e dove sono seppelliti i miei avi. Voglio solo la pace". Il dramma di Zavarov è il dramma non solo dell'Ucraina ma dell'Europa.

Tutti vorrebbero la pace. A parole. Ma stanno già combattendo una guerra, con morti e distruzioni. Nei fatti. Come ha ricordato la Federazione calcistica ucraina, 89 membri della quale sono stati richiamati alle armi: "C’è una guerra in corso. Ogni cittadino deve comprendere ciò che sta succedendo". Anche quando, da stasera, tornerà a risuonare l'inno della Champions negli stadi d'Europa.

Se telefonando ...



Futbolandia, 14 febbraio 2015 

Nel giorno in cui l'ennesima indegna gazzarra va in scena a Montecitorio, sale - toh, che novità! - agli onori delle cronache pedatorie Claudius Lotitus. Suo malgrado, però. Pino Iodice, direttore sportivo e segretario generale della Società Sportiva Ischia Isolaverde, militante nel girone C della Lega Pro, gli telefona e si attrezza per registrare la chiacchierata. Lotitus dice molte cose (anzi, praticamente parla solo lui), esprime tutta la sua preoccupazione (il sistema calcio è in asfissia) ma parla col tono del vero e proprio padrone del vapore. Anzi, del padre e salvatore della patria. Una cosa, in particolare, gli sta a cuore. Nulla che riguardi la Lazio o la Salernitana. No, perché parla nelle vesti di consigliere federale. E' l'uomo delle istituzioni. E dunque gli sta a cuore far sapere che club di piccole città, club di modesto calibro (con piccoli stadi e poco pubblico), sarebbe meglio non vedano la Serie A nemmeno col binocolo. Non per altro: perché poi come si vende il prodotto? Quale network sarà disposto a foraggiare una Lega che vende campionati-patacca, con squadre che nessuno conosce - il Carpi, il Frosinone, il Latina? Il 'sistema-calcio' è in asfissia, sarebbe il colpo finale. 

"Ho detto ad Abodi: Andrea, dobbiamo cambiare. Se me porti su il Carpi... una può salì ... se mi porti squadre che non valgono un c... noi fra due o tre anni non ci abbiamo più una lira. Perché io quando a vado a vendere i diritti televisivi - che abbiamo portato a 1,2 miliardi grazie alla mia bravura, sono riuscito a mettere d'accordo Sky e Mediaset, in dieci anni mai nessuno - fra tre anni se ci abbiamo Latina, Frosinone.. chi c... li compra i diritti? Non sanno manco che esiste, Frosinone. Il Carpi... E questi non se lo pongono il problema!".

Andrea Abodi è il presidente della Lega di Serie B. Confidiamo trovi il modo di evitare questa sciagura. Che scongiuri la catastrofe. Anche se governare e orientare un campionato non è così facile. E non per via degli arbitri. Per via degli scommettitori. Degli aggiustatori di partite. Per via dei centinaia di tesserati sui quali pende un possibile rinvio a giudizio. Accusati di frode e/o associazione a delinquere; tra di essi c'è anche il commissario tecnico della nazionale, che dovrà rispondere di reati commessi quando allenava - appunto - in Serie B.

Lotito parla nel nome del calcio italiano, malato per il quale ha in tasca (e in testa) terapie sicure, a lungo studiate insieme all'amico Tavecchio. Nell'estorta telefonata si ascoltano molte cose interessanti - sui presidenti delle varie Leghe, sul presidente della CAN -, ma soprattutto si 'respira' il tanfo di malaffare, di illegalità, di opacità, di abuso che ha ormai completamente devastato il nostro calcio. L'ambiente è questo. Questi sono gli uomini che l'ambiente ha scelto per capi e rappresentanti. 

Naturalmente, molti esegeti - giornalisti di varia 'cultura' e 'militanza' - gettano acqua sul fuoco. Il metodo adoperato per conoscere il 'pensiero' di Lotito è non solo sgradevole, ma naturalmente perseguibile. Iodice si beccherà una bella querela - ma dice di avere altro materiale scottante sul de cuius. Quelli coinvolti, minimizzano. Conta la forma, non la sostanza.

Dice infatti Macalli, presidente della Lega Pro: "In tanti anni di calcio una cosa così schifosa non l'avevo mai vista. Registrare la telefonata! Sono allibito".

In fondo, dice Beretta, nelle parole di Lotito c'è solo un ritratto "spiccio" della realtà.

Già. Innocenti incidenti lessicali.

Ti racconto ... la FIGC


La Federazione delle banane, 6 febbraio 2015

Spesa pubblica, cioè del contribuente. Per acquistare 20 mila copie del libro Ti racconto ... il calcio - il "racconto di nonno Carlo alla nipotina Giorgia” sulla “storia del calcio e della lega dilettanti. Un libro per avvicinare i bambini e le bambine allo sport e al calcio vero, ben oltre i videogiochi e la televisione” - alla modica cifra di 5,38 euro più Iva in luogo dei 20 del prezzo di copertina. Supersconto, spuntato dall'autore. Che è anche l'acquirente.

Carlo Tavecchio, da provato cabarettista, tra banane e squalifiche, dimostra di saper recitare anche più ruoli in commedia. Il precedente presidente della Federazione Italiana Giuoco Calcio, Giancarlo Abete, aveva respinto la richiesta di acquisto sin dal 2011, a quanto pare. Prima del Natale 2014 l'autore Carlo Tavecchio ha trovato un presidente della FIGB a propria immagine e somiglianza. E l'operazione è andata in porto. "Per farne dono ai giovani atleti tesserati quale strenna natalizia".

Con doverosa precisazione - da comunicato FIGB - che "Il Comitato di presidenza non ha ravvisato alcun conflitto di interessi, né anomalia sia perché lo stesso Tavecchio non riceve alcun compenso sulle vendite sia perché il messaggio didattico ed educativo del libro è rafforzato dal ruolo ricoperto in Figc". Costo del cesto di banane? 107.000 euro, nello stesso anno di bilancio nel quale il CONI ha imposto alla FIGB circa 20 milioni di tagli alle spese.

Chiosa dell'intellettuale di regime, Claudius Lotitus: “I libri sono stati distribuiti in funzione del numero di tesserati. Il presidente non percepisce un euro, non ha interessi di alcun tipo. In ogni caso la Figc ha il compito di promuovere il calcio nei settori giovanili e in quelli scolastici oltre che nei comitati regionali. Quindi il libro ha un intento ludico-didascalico. Dove sta lo scandalo?”.

Non siamo scandalizzati, infatti, di fronte all'ennesima conferma del degrado del Palazzo. Siamo semplicemente indignati. Anche perché la realtà è peggiore di come la descrivono le agenzie di stampa. Basta cliccare qui per comprendere il senso dell'operazione: "lo acquisti a 5,50 e lo puoi rivendere fino a 20". Vero premio bancarella.

Peraltro, negli stessi giorni in cui il Parma Football Club è oggetto di un'evidente, non vigilata, operazione di riciclaggio, l'affare Tavecchio con la Moruzzi's Group - che non è un editore ma un "Gruppo di consulenza in marketing e comunicazione integrata, che abbraccia tutti i saperi e i modi della comunicazione, come pensiero innovativo a servizio delle imprese e delle istituzioni, come uno strumento di precisione che può trasformare la crisi in opportunità per evolvere. Perché le buone idee premiano il business" [sic] - appare di piccolo calibro. Roba da dilettanti, per l'appunto.

Fonti: 01-02-03-04