Quale memoria per Calciopoli?


23 marzo 2015, Corte di Cassazione, Roma

In un libro importante per la storia italiana del Novecento (Una guerra civile. Saggio storico sulla moralità nella Resistenza: vedi), l'autore, Claudio Pavone, sottolinea come la nozione di "memoria comune" sia un concetto privo di senso: non c’è niente di più soggettivo della memoria: un ex partigiano e un reduce della Repubblica sociale italiana non potranno mai avere la stessa visione del passato. E' una constatazione solo all'apparenza ovvia, ma assai importante, soprattutto perché proveniente da un ex partigiano: è un'apertura alle ragioni degli altri.

Gli storici possono invece ricostruire una "memoria collettiva", che rimanda a un passato cui nessuno può sottrarsi e che coincide con la storia. Una memoria - attenzione - che rimane "plurale". E che non solo non può farsi memoria "comune" ma nemmeno "condivisa", per il semplice motivo che la memoria è "soggettiva" e pertanto non può essere condivisa. Al più può essere confrontata, ma non condivisa. Ciò che si può cercare di condividere, dunque, non è una memoria, ma una storia.

Il preambolo è necessariamente pedante, e chiediamo venia. Ma ci sembra che nei commenti diffusi - dai bar ai social network, al giornalismo militante - che sono inevitabilmente eruttati dopo la sentenza emessa nella notte tra il 23 e il 24 marzo 2015 della Corte di cassazione sulla lunga vicenda inquirente e processuale di Calciopoli, si mescolino dei piani che restano inesorabilmente distinti. I due schieramenti in conflitto non potranno mai condividere una memoria comune, perché hanno vissuto le vicende collegate a "calciopoli" nell'unico modo a loro possibile: quello soggettivo.

Là dove la dialettica si esprime civilmente - e rari sono i casi - sarà possibile solo e sempre un confronto, ma non una condivisione. E' uno stato delle cose che i molti non schierati non riescono a comprendere fino in fondo, attoniti come spesso appaiono di fronte all'eternità, e al carattere estenuato, del conflitto in atto tra le parti da anni.

Spesso sfugge anche un altro punto. La "memoria collettiva" non può essere ricostruita da chi esprime la propria "soggettività". La ricostruzione della storia, cioè del passato cui nessuno può sottrarsi, spetta a terzi, non necessariamente a storici di professione. Basta infatti rifarsi alle pagine dell'enciclopedia amatoriale Wikipedia per attingere a una ricostruzione storicamente fondata di Calciopoli: gli estensori della pagina in lingua italiana hanno compiuto uno sforzo egregio, ma sono soprattutto quelle in altre lingue che "dimensionano" la vicenda secondo un punto di vista che non solo non è di parte, ma nemmeno immediatamente influenzato dalla vicende nazionali [vedi].

La memoria "collettiva" è lineare: i principali processi penali di "Calciopoli" si sono conclusi in Corte di cassazione certificando il reato di "associazione per delinquere" e "frode sportiva" di Luciano Moggi e di altri personaggi. In ogni grado di giudizio, non solo penale, ma anche sportivo, questa "associazione" è stata riconosciuta colpevole. Nelle affrettate (per necessità) sentenze della giustizia sportiva dell'estate 2006 e nei sette anni del procedimento della giustizia ordinaria si sono via via alleggerite le posizioni dei principali indagati e di molti altri personaggi minori, come avviene in tutte le procedure processuali. Non fosse così, il ruolo degli avvocati sarebbe svuotato di senso: a una richiesta inizialmente esorbitante segue sempre un progressivo alleggerimento delle pene. Gli storici della giustizia indicano questa pratica (politica) col termine "negoziazione della pena".

Anche l'istituto della prescrizione va inquadrato in questo contesto: non equivale a una assoluzione ma all'estinzione del reato in seguito al trascorrere di un determinato periodo di tempo. La ratio della norma è che, a distanza di tempo dal fatto, viene meno sia l'interesse dello Stato a punirne la condotta sia la necessità di un processo di reinserimento sociale del reo. Non significa che il fatto non abbia costituito un reato. Nello specifico di Calciopoli oltre alla prescrizione sancita dalla Corte di cassazione va storicamente ricordata quella disposta dal procuratore della FIGC nell'estate 2011 in relazione alla violazione delle norme di lealtà e di correttezza sportiva da parte di società e tesserati che non erano stati coinvolti nei processi sportivi del 2006.

Questa è la ricostruzione storica. Necessariamente diversa dalla "memoria soggettiva" dei protagonisti e dei rispettivi schieramenti, della quale Eupallog riconosce le ragioni. Senza poterle -necessariamente - "condividere".