Il pensiero sociale di Cesare



Estate 2013

C’è «troppa disparità tra ricchezza e povertà: in un mondo civile è inaccettabile. La Confederations Cup mi ha lasciato l’impressione forte dei contrasti tra gli stadi nuovi e la miseria attorno. E poi la folla alle manifestazioni. Quando in strada vanno tanti giovani, devi ascoltare. La priorità non è il calcio: sono le scuole, l’assistenza ospedaliera, il lavoro». 

«Io credo che il mondiale brasiliano possa coesistere con una migliore politica sociale. Di sicuro è impossibile giocare bene in uno stadio costato 800 milioni che sta a 100 metri da una favela di 120 mila persone di cui il 20% senza cibo. Ma non pensiamo solo al Sudamerica. I contrasti si stanno ampliando anche in Europa. Di questo passo anche noi vivremo blindati e avremo le nostre favelas». 

Quando Balotelli a Salvador «mi ha chiesto di poter uscire perché una missionaria della favela era venuto a trovarlo, aveva una gioia negli occhi che gli ho detto di sì, anche se eravamo blindati in albergo. Mario ha la generosità e la sensibilità giuste».

I 120 milioni per Bale? «Perché non destinare per legge parte di somme del genere in spese sociali? Perché non porre dei tetti? I calciatori sono gli ultimi a poter fare qualcosa e i primi a spendersi in solidarietà. Devono muoversi presidenti e istituzioni. Il calcio fa troppo poco per andare verso la gente e contro le ingiustizie sociali. Un calcio più povero potrebbe guadagnarci».


In lode di un grande italiano (Eupallog)